lunedì 19 ottobre 2015

[Poesie Nuove]- Per Dante Corneli: una riflessione e tre poesie di Gianfranco Domizi

Mi sono sentito appartenente alla Sinistra, o, per meglio dire: aderente alla  concezione marxistica della Società e della Rivoluzione, per 40 anni.
Fino a tre anni fa.
Poi, mi sono allontanato in punta di piedi, come tanti … ma mai mi sarei aspettato di dover prendere le distanze dal mio stesso passato, con un senso di vergogna.
Ho cominciato a farlo da pochi mesi, ovvero da quando sono venuto casualmente a conoscenza della vicenda di Dante Corneli.

Dante Corneli nasce a vive a Tivoli dal 1900 al 1922, e lì torna per passare gli ultimi anni di vecchiaia e di morte  (1970 – 1990) …
… ma metà della sua vita (1925 – 1970) avviene in Unione Sovietica, dove ha modo di sperimentare personalmente e fino in fondo l'illusione e la disillusione rispetto al “mondo nuovo” nato dalla Rivoluzione d'Ottobre.

Nato da una famiglia tiburtina assai modesta, operaio fin da giovanissimo (a 10 anni perde due dita al lavoro), era infatti riparato in URSS (1925), dopo aver ucciso il segretario del fascio di Tivoli (1922), e dopo aver peregrinato alcuni anni in Europa.
Gli aspetti salienti della sua vita in URSS e del suo ritorno in Italia possono essere ricostruiti grazie a questo bell'articolo di Federico Bernardini, che qui ringrazio, sul suo blog “L'Urlo di Munch”:

Vorrei qui promuovere una breve riflessione sull'ultimo periodo (1970 – 1990), ed in particolare sul fatto che pur essendo state le sue posizioni anti-stalinistiche obiettivamente propedeutiche al progressivo cambio di rotta del PCI sull'esperienza sovietica, Corneli non sia mai stato considerato, se non da pochi, un gloriosissimo precursore (nonché un grande perseguitato, verso cui dovrebbe essere comunque “obbligatoria” la solidarietà). Insomma, i vertici del Partito hanno fatto di tutto per “silenziare” la sua preziosa testimonianza.
Ebbene, che la storia del Comunismo italiano e internazionale sia piena di equivoci, fraintendimenti, tradimenti, eventi criminali è cosa ben nota, e sarei un ingenuo a non saperlo, e a non averlo saputo fin da giovane. Ma sebbene in posizione personalmente defilata, ho comunque attraversato il Movimento Studentesco, gli studi marxistici all'Università di Roma, la sezione Mazzini del PCI (quella, per intenderci, vicina al Liceo Mamiani e alla RAI, conseguentemente molto “curata” dai dirigenti del PCI).

Come può essere successo che non fossi mai venuto a sapere della vicenda di Dante Corneli per 40 anni? E' presto detto. Proprio per quel “silenziamento”.
Dal suo ritorno oramai inaspettato in Italia, a Tivoli, nel 1970 (“Il Redivivo Tiburtino” è il nome del suo libro, del 1977, edito da una piccola casa editrice), fino alla morte, e ancor oggi, sulla narrazione di questa vicenda è sceso un vero e proprio interdetto parte dei dirigenti del PCI.

(Non tutti: Corneli torna in Italia soprattutto per interessamento di Umberto Terracini; e se l'essere “silenziato” è responsabilità prevalente dei dirigenti maggiormente connessi e collusi con lo stalinismo, gli altri avranno presumibilmente aderito ad un conformistico, ma altrettanto grave, “Cui prodest?” … a chi giova andare a riprendere una vicenda “vecchia”, e che in quanto tale non interessa più nessuno? .)
Ma se il silenzio che circonda la vicenda di Dante Corneli poteva apparire vagamente comprensibile in un lontano passato di vendette e ritorsioni, anche internazionali (come a dire: se facciamo qualcosa per lui, Stalin se la prenderà con altri), diventa assordante e veramente inspiegabile alla luce di quei processi di liberazione (Sessantotto, Primavera di Praga), che ben avrebbero potuto consigliare di riannodare irreversibilmente il filo fra Sinistra, Rivoluzione e verità storica.

Una questione tutt'altro che “vecchia”, quindi, ed anzi di stringente attualità.
Dante Corneli non riuscì a parlare lui stesso, nel quindicennio del ritorno a Tivoli (ad eccezione di un libro che non fu certo un successo mediatico, ed è oggi introvabile, e dell'invito televisivo da parte di Enzo Biagi), e di lui non se ne è parlato quasi più, neanche dopo la sua morte.
Io, da quando ho conosciuto la vicenda (Dante Corneli era un semplice operaio, e lo considero importante ... il Fascismo subito da giovane, la fuga in URSS, il tentativo di collaborare al “mondo nuovo”, le due famiglie in Russia, la ferocia della persecuzione stalinistica), considero “il redivivo tiburtino” la figura più importante della Sinistra italiana, insieme ad Antonio Gramsci.
Per questo motivo ho anche tentato di rivitalizzare, nell'indifferenza delle Istituzioni (primi fra tutti, PD e Comune di Tivoli, che solo attualmente non è governato dagli eredi del PCI, ma ha conservato la stessa spocchia) un vecchio progetto di Occhetto, Foa e Maitan, fra gli altri: quello di una strada, proprio a Tivoli, intitolata a Dante Corneli.
Ovviamente, senza successo. Dove non sono riusciti loro, potevo riuscirci io?  
Ma ho capito irrevocabilmente una cosa: che dove si tenta di “silenziare” le persone, non può esserci Sinistra. Da questa mia nuova consapevolezza, che ovviamente non voglio imporre a nessuno, sono nate anche tre poesie su Dante Corneli, piene di riferimenti al gioco degli scacchi, per motivi che risulteranno chiari leggendo il bell'articolo, sopra citato, di Federico Bernardini.




1   Primavera


Il tempo ha scolorito la scacchiera,
non si distingue più chi ha perso o vinto,
un solo alfiere resta ancora dritto,
memoria dell'adesso e di chi ero.

Non riconoscerò nessun Impero,
nessuna convenienza a stare zitto,
rimanga ogni comparsa al suo recinto,
a Praga l'aria è già di primavera.


2   Grazie tante


Nessuno vince a scacchi con la morte,
si sopravvive a stento a un gran silenzio.
Stasera però complice l'assenzio
ci rigiochiamo il senso d'una sorte.

"Tu Dante, che sai molto dell'Inferno,
i servi puoi trovarli in che girone?
... conobbero se stessi in agnizione,
pagandosi i peccati con lo scherno?".

S'arrocca d'improvviso il prode Dante,
ma presto gli si stempera il cipiglio:
"Ricordo solo il viso di mio figlio ...
... però per la partita, grazie tante".


3   La ballata di Dante Corneli


Chissà se è mai esistita una canzone
che parli dell'inverno giù in prigione,
la neve non si sa per quanto dura,
ed urlano anche i gesti in queste mura.

Perciò coltivo l'arte del silenzio,
ch'è cupo, ch'è sublime ed è melenso,
dall'alba fino ai morsi della sera,
la notte strappa via una vita intera.

Non c'è rivoluzione e libertà,
se non sai praticar la verità,
ed io lo devo a tutti quei compagni
traditi dai vigliacchi e dagli infami.

La mia specialità? Lo scacco al Re,
e quel che fui vi parlerà di me.
A Tivoli l'estate un po' mi scalda,
ho perso ed anche vinto a testa alta.



Gianfranco Domizi

1 commento:

  1. Ringrazio AboutTutùm e Gianfranco Domizi, che ha preso a cuore la causa di Dante Corneli, dedicandogli interessanti riflessioni e bei versi. Un caro saluto.

    Federico Bernardini

    RispondiElimina

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