venerdì 11 settembre 2015

[Attualità] - Il corteo di Venezia arriva in Europa. Ma quanto si spoglia la marcia scalza?

I migranti di Bansky a Dismaland

Per la prima volta nella storia, il prezioso red carpet di Venezia sarà percorso oggi da decine di migliaia di piedi nudi: la Mostra del Cinema sta percorrendo la sua 72esima edizione, e in ballo, quest’anno, non poteva non esserci anche un sorprendente, angosciante spicchio di realtà sociale che ci circonda: il tema dei rifugiati.
La settimana scorsa, un gruppo di scrittori, artisti, registi e personaggi della politica hanno lanciato un appello a tutti coloro che si troveranno a visitare il grande evento veneziano: “Per affrontare i cambiamenti epocali della storia – scrivevano sul sito dell’iniziativa - è necessario avere una posizione, sapere quali sono le priorità per poter prendere delle scelte. I migranti sono gli ‘uomini scalzi’ del secondo millennio. E noi stiamo dalla parte degli uomini scalzi”.

Nell’arco di neanche una settimana, la copertura mediatica dell’appello ha riscosso risposte decisamente più ampie del previsto:
le adesioni sono lievitate di minuto in minuto e oltre a migliaia di comuni cittadini, si sono stretti attorno alla marcia senza scarpe oltre 1500 personaggi del mondo dell’arte, della politica e dello spettacolo. L’evento è diventato internazionale, e l’incontro principale, previsto a Venezia alle 17 in Piazza Santa Maria Elisabetta, sarà accompagnato da manifestazioni parallele che si svolgeranno in altre sessanta città italiane ed europee: tanto per citarne qualcuna, Roma, Napoli, Bologna, Genova, Milano; ma anche Parigi, Lipsia e Friburgo.


Chi parte per terre lontane e sconosciute si spoglia innanzitutto delle proprie radici: dell’identità, dell’attaccamento alle memorie che l’hanno portato fin qui, della speranza di poter tornare un giorno, chissà, verso una casa che secondo dopo secondo, metro dopo metro, si fa sempre più lontana; e questo, secondo gli organizzatori del corteo, è difficile poterlo capire se non hai mai dovuto viverlo. Camminare scalzi dunque, tutti a stretto contatto e tutti diversi uno dall’altro, vuole essere una metafora per spogliarsi completamente di identità, pregiudizi e atteggiamenti che fino ad oggi hanno accompagnato il sicuro percorso di ognuno di noi.
La manifestazione ha l’intento di unirsi attorno alla causa senza dover rimarcare differenze: non saranno ammessi colori e bandiere partitiche, sindacali, religiose o associative; ma la finalità principale di questa mobilitazione è prettamente politica, perché i firmatari chiedono con forza quattro cambiamenti nella gestione delle migrazioni in Europa e nel mondo: certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature; un’accoglienza che sia degna e rispettosa per tutti; la chiusura e lo smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti e la creazione di un vero sistema unico di asilo in Europa che superi il controverso Regolamento di Dublino.

Una mobilitazione simbolica, dunque; anche perché di fronte a ben 160mila rifugiati da dover redistribuire in tutto il continente emerge la criticità di un fenomeno sociale incontrollabile, che da anni, a suon di cronaca, sta dando alla politica europea segnali di imminente cedimento.
E’ difficile per noi i cittadini agire in una realtà sociale e politica così complessa e strutturata: le sfaccettature con cui si ha a che fare sono incontabili, contraddittorie, difficili da individuare. Ma una manifestazione collettiva così “metaforica” e avvolta dal mainstream può veramente rendere conto del significato che porta nella sua accezione più originale la parola compassione? Uscire di casa e sfilarsi le Nike dai piedi significa davvero ripercorrere con empatia tutta la complessità dei percorsi di chi migra fino ai nostri riflettori, spesso celata dai principali operatori della comunicazione?
È indubbio che uscire dal salotto di casa comporti come minimo l’interazione tra le persone: per strada succedono molte più cose di quante se ne vedano in televisione. Ma non miracoli politici. Quindi, magari, se come ci è solito fare volessimo leggere questo grande corteo “tra le righe”, come fosse una poesia, potremmo auspicarci tutti quanti, soprattutto noi giovani cittadini, che marciare scalzi affianco ai migranti possa rappresentare un’occasione per imparare a fare l’unica cosa che ci resta da fare in tutto questo marasma incomprensibile, a tratti quasi apocalittico: imparare ad accogliere, comprendere e vivere il “diverso” senza pregiudizi in ogni momento della quotidianità.

Giulia C.











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